martedì 26 maggio 2009

E' FINITA!!!!





Sono felice di aver finito, ma sono anche felice di aver vissuto questi due anni, di aver conosciuto delle persone, di essere tornata a tremare nei banchi di scuola. Adesso ho una sensazione strana, mi sento quasi nostalgica e, per assurdo, sono contenta di rivedere alcuni di loro al corso sul sostegno che inizierà a breve.
Ringrazio tutti gli specializzandi del nono ciclo della ssis in scienze umane, senza di loro non sarei riuscita ad arrivare in fondo.

Dedico a tutti loro questa lettera scritta dallo psicologo russo Vygotskij (1896-1934), chiamato il "mozart della psicologia", per l'originalità delle sue teorie, per la ricchezza della sua produzione e la sua morte precoce. La scrisse alla sua assistente Roza E. Levina il 16 luglio 1931.



"Ed ora un altro tema su cui scrivete. Sulle disarmonie interne, sulla difficoltà di vivere. Ho finito proprio ora di leggere quasi per caso Tre anni di Cechov. Forse lo dovreste leggere anche voi. Questa è la vita. E' più profonda, più ampia della sua espressione esterna. Tutto cambia in essa. Tutto diventa qualcos'altro. La cosa principale - ora e sempre - è quella di non identificare la vita con le sue espressioni esterne e basta. Allora, porgendo un orecchio alla vita (questa è la virtù più importante, all'inizio un atteggiamento in qualche modo passivo), troverete in voi stessa, fuori di voi, in ogni cosa, così tante cose che nessuno di noi può accogliere. Certo, non potete vivere senza dare spiritualmente un significato alla vita. Senza la filosofia (la vostra, personale, filosofia della vita) ci può essere il nichilismo, il cinismo, il suicidio, ma non la vita. Ognuno però ha naturalmente la sua filosofia. Di fatto dovete farla crescere dentro di voi, darle spazio all'interno di voi stessa, perchè è lei che sostiene la nostra vita. Poi c'è l'arte, per me - la poesia, per un altro - la musica. E poi c'è il lavoro. Che cosa può turbare una persona che cerca la verità? Quanta luce interiore, quanto calore, quanto sostegno vi è in questa stessa ricerca! E poi c'è la cosa più impostante - la vita stessa - il cielo, il sole, l'amore, la gente, la sofferenza. Non sono semplicemente delle parole, sono cose che esistono. Sono reali. sono intrecciate alla vita. Le crisi non sono fenomeni temporanei, ma il percorso della vita interiore. Ce ne rendiamo conto con i nostri occhi quando passiamo dal sistema al destino (pronunciare questa parola è terrificante e bello allo stesso tempo, sapendo che domani indagheremo su cosa è nascosto dietro), alla nascita e alla caduta dei sistemi. Ne sono convinto. In particolare, tutti noi guardando il nostro passato ci accorgiamo che ci esauriamo. E' giusto. E' vero. Crescere è morire. E' particolarmente acuto nei periodi critici, come per voi, e pure alla mia età. Dostevskij scrisse con terrore sulla morte del cuore. E Gogol ne ha scritto in modo ancor più terrificante. E' realmente una piccola morte dentro di noi. Ed è questo il modo il modo in cui dobbiamo accettarla. Ma dietro a tutto questo c'è vita, movimento, cammino, il vostro destino (Nietzsche ha insegnato l'amor fati: l'amore per il proprio destino). Ma sto cominciando a filosofeggiare..."

Lev S. Vygotskij, 1931.

giovedì 21 maggio 2009

UFF...CHE CALDO




In questi giorni fa molto, molto caldo. Un caldo afoso che non ha niente a che vedere con le splendide giornate di primavera, è una lunga estate appiccicosa che non dà tregua e il mio umore ne risente. Perchè il caldo eccessivo mi dà alla testa, perchè la troppa luce mi fa vedere le cose in modo troppo vivido, perchè l'appiccicume e il senso di soffocamento mi allontana dalle cose. Le cose mi stanno strette, mi pesano, si allargano e sento bisogno di aria, di un pò di vento...mi piacerebbe passare delle giornate al mare o in campagna...la sera è l'unico momento di tregua in cui mi sento più libera. Sono difficile in questo periodo, in queste giornate di preparazione di questo ultimo esame, di questo studio che mi sta stretto e mi fa venire voglia di volare via....questo sconvolgimento nelle temperature mi sconvolge l'atteggiamento, mi sento come se fosse agosto, dopo un lungo anno faticoso, con la voglia di partire, di andare via. Spero solo che dopo l'esame possa rilassarmi un pò..peccato che mi tocca affrontare un altro periodo pesante, che mi aspettano due mesi di afa su e giù per firenze, ad ascoltare ancora nozioni su nozioni con la motivazione 0. Penso che sia un suicidio, ma ormai mi tocca proseguire per la strada che ho intrapreso, per non buttare via tutti i sacrifici fatti. Sono stanca, datemi qualche giorno e rinascerò, datemi un pò di pace!Spero che le serate, i concerti ecc...mi salveranno dalla noia e dall'apatia.

venerdì 15 maggio 2009

Bat For Lashes - Whats a Girl To Do

fantasmi

A volte penso che vorrei essere più semplice, lineare, una che si comporta sempre allo stesso modo e che è facile da capire. A volte mi capita di sentirmi così, ma poi, inevitabilmente, cado nella mia complessità. E ci cadono anche gli altri; sono complicata perchè mi sento raramemnte capita, perchè il mio umore varia, perchè ci sono cose che mi danno fastidio e mi chiudo in me stessa, impenetrabile. A volte divento pure antipatica e cattiva. se non mi sento capita per me possono andare tutti al diavolo. Ho capito una cosa in tutti questi anni, amaramente l'ho compresa, che alla fine di tutto, di tutti i discorsi, le relazioni, i tentativi di avvicinarsi e capirsi davvero, di volersi, siamo soli. Sono io che rimango con me stessa, a pensare, a cercare di capire, e soprattutto di difendermi. Non ho molta fiducia nel prossimo e tendo ad attaccare. Perchè so che tanto, in ogni caso, sono io che devo fare i conti con me stessa. E non mi interessa di cosa gli altri pensano di me, in quelle circostanze, in quei momenti in cui chiudo la cerniera della mia tenda e mi ci ficco dentro.Ho recuperato un rapporto esclusivo con me stessa ma non so se questo mi abbia fatto totalmente bene, prima mi affidavo più agli altri, adesso sono decisamente più sfiduciata, come quando da bambina si avvicinava qualche sconosciuto con la faccia da ebete e minacciosamente mi sorrideva porgendo le mani per tirarmi con violenza le mie guance paffute. Quando riesco ancora ad affidarmi, mi sento strana, ma mi sento bene, perchè ogni tanto si deve cedere, perchè uscire da sè a volte è una forza, non una debolezza. penso che, comunque, non tornerei indietro, credo di essere contenta lo stesso, della mia tenda, del mio rifugio, del mio gelo.Non credo sia buono per una convivenza con gli altri, ma ogni tanto serve a me. E quindi lo uso, compiaciuta, sapendo che il mio amore per gli altri non svanirà, che cercherò la compagnia e la sintonia e che passerà questo momento, come sempre.Ma il rifugio è sempre lì ad aspettarmi tutte le volte che voglio, è una sicurezza per me, anche se so che sarò nera e grigia, di rabbia, di delusione,ma sarò protetta, lì dentro.

Alla fine sono solo fantasmi che mi girano intorno, e che mi portano via. Ma è pur sempre la mia casa.

domenica 3 maggio 2009

Il sogno: Magritte, Freud e Nietzsche

Nel dominio dell’avanguardie Magritte è l’artista della profonda visione dell’essere , è colui che ha posto di fronte all’opera l’intelligenza che gli assicura la visibilità del pensiero, è l’onirico nella configurazione libera del sapere.



"Gli amanti"



"Le grazie naturali"




"Le joueur secret 1927"


Con Magritte la razionalità si ritrae, la logica si ripiega su se stessa, la mente si offusca. Accostamenti dissociativi, composizioni assurde, situazioni in bilico tra l’onirico e la più fervida immaginazione, tutto, nella diafona recettività dell’artista che trasferisce nell’immagine il pensiero visibile. Oggetti quasi banali, sapientemente incastonati in scenografie al limite del concepibile, risvegliano ricordi assopiti nei più remoti angoli dell’inconscio e le visioni oniriche acquistano, così, tangibilità con simboli e segni che turbano e inquietano lo spettatore.
Una mostra la cui soluzione di continuità è cesellata nel mondo dei sogni, dove ogni opera è una scena aperta nella teatralità della mente.
L’inconscio ne sprigiona la bellezza onirica, fonte di mistero e la prontezza mentale ne carpisce il senso.
Sono opere, quindi, che non appagano per una bellezza classica ma che stimolano l’istinto nella ricerca della propria profondità. Un gioco di quinte e fondali nel teatro dell’esistenza, proprio come nell’opera “Il fantino perduto” - la sua prima opera surrealista, dove un sipario teatrale incornicia il fantino a cavallo nella sua statica corsa, tra una foresta di pseudo-birilli rivestiti di spartiti musicali, trasformati in alberi.


MAGRITTE, SOGNI E RICORDI
Nulla è più lontano dalla realtà quanto una reale visione dell’anima allo specchio. Nulla è più lontano dall’irrazionale quanto l’inconscio razionale di Magritte. Percezione sensoriale, frantumazione dello spazio, dilatazione del tempo. Al di là della mente, nell’estrapolazione arcaica di segni che rimandano al sensibile, tutto ha un senso. Surrealistica introspezione dell’io nella conflagrazione di arte, filosofia e psicoanalisi. Il corpo, tempio dell’essere acquista valenza simbolica e l’astrazione dell’anima prende forma.
Renè Francois Magritte nasce nel 1898 a Lesines, in Belgio, monarchia indipendente dal 1831.
Non amava le biografie, la vita di un’artista, secondo Magritte, sta nelle proprie opere che la devono smentire. Una vita imperniata sui ricordi è presagio di una esistenza persa è l’immagine del passato in una proustiana ricerca del tempo perduto. Il pensiero froidiano, riconosce la presenza dei ricordi nel lavoro della memoria e in Magritte l’affermazione dello psicoanalista J.-B. Pontalis assume il suo pieno significato:
Non abbiamo ricordi d'infanzia, ma solo ricordi sulla nostra infanzia. Essi non emergono dal passato remoto ma si formano in tarda età. La nostra memoria è una finzione retroattiva, retroattivamente anticipatrice, che appartiene a pieno titolo al regno della Phantasia".
Il ricordo vive nell’inconscio, Freud ne percorre i labirinti, ne scandaglia il territorio, mettendo a nudo paure, ansie e desideri. Intime rivelazioni emergono dalla profondità dell’animo umano in riflessi di un vissuto inesplorato, enigmatico e visionario. Nell’inconscio, l’illogico incontra il ricordo e ne scaturisce l’iconografia sequenziale d’istanti cristallizzati nella nostra memoria emotiva. Appare, allora chiaro , come il tema costante della pittura di Magritte, si risolva in un segmento di ricordo legato alla morte della madre. Nel 1912 infatti, la madre viene trovata annegata nel fiume Sambre, con la testa avvolta da una camicia da notte. Il ricordo della camicia da notte che copre il volto, ritorna come un leit motiv in moltissimi lavori di Magritte. (L'historie centrale e i volti degli Amanti del 1928).


L SENSO E IL NON SENSO
Nel senso di esistere è imperniata la condizione umana, trovare un senso logico, concreto, corrispondente al vero, al trascendente è bisogno primario dell’uomo. La continua ricerca di un equilibrio tra il sé e l’esternazione del sé, si configura in una parabola tra etica e utopia, come quintessenza del pensiero per scorrere tra la linfa del mondo. Ma dietro l’apparente tranquillità delle cose c’è il sogno, il presagio, lo spirito, il surrealismo e lo spostamento del senso.
Il surrealismo non nega la realtà, la trasfigura, questo disorienta, sconcerta, inquieta, induce al mistero, all’enigma più dell’astrattismo. Fondamentalmente i principi basilari sono due: gli accostamenti inconsueti e le deformazioni irreali. I primi, spiegati da Max Ernst come “accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili su un piano che in apparenza non è conveniente per esse".
Per libera associazione di idee si uniscono oggetti e spazi che non hanno niente in comune, distanti fra loro e appartenenti a contesti diversi. Ne risulta una visione di bellezza inedita, assurda, al limite del concepibile quasi, a voler frantumare le nostre certezze. Le seconde nascono dalla metamorfosi. Corpi, oggetti, forme rivelano la nature delle cose nella loro trasformazione in qualcos’altro. Caducità di uno stato transitorio che suggestiona la mente, suscita sensazioni sospese tra l’apparenza della realtà e il suo profondo, e induce a riflettere sul divenire comprensibile e l’onirico, il mistero, l’impenetrabile. La trasformazione della foglie in uccelli ne Le grazie naturali, 1963, di Magritte, è dialogo allo stato puro, dove nessun parametro logico viene rispettato, la visione supera la realtà, si stacca dalla sua crosta e vive libera da vincoli e da limiti.


ARTE E FILOSOFIA
Arte e filosofia , significati nascosti, giochi di rimandi, dissonanze di pensiero, trasparenza del percepibile, scivolamento nella consapevolezza, limiti sfiorati dall’esistenza, visibile e invisibile. Magritte è strettamente legato alla filosofia e in particolare a Nietzsche, le sue opere sono idee che prendono forma e trasmigrazione di forme in sensazioni. Sorpresa, turbamento, antitesi, paradosso e il non senso, rivoluzionano gli schemi mentali e il pensiero rimane sospeso nell’intelligenza del dubbio. Nietzsche è il filosofo che più di tutti influenza Magritte. Entrambi utilizzano lo smascheramento del reale e la metafora per la rappresentazione del pensiero. La conoscenza, quindi, appare come fonte di luce e di chiarezza per un universo in perenne ricerca della verità e prigioniero delle proprie convinzioni. Sintesi di alcuni passi di “ Zarathustra “ o della “ Gaia Scienza “ in visioni sovrapposte non combacianti, immagini che generano perplessità, ma sfiorano le corde dell’anima e traducono il suo suono nella trasmigrazione sensoriale del pensiero in forma. L’arte figurativa ha, cosi dato un’epidermide al senso o al …………... non senso.
Non tutti i pensieri giungono a completo compimento, ma ogni loro frammento è cellula germinale allo stato puro, è concentrazione di energia cosmica e bozzolo luminoso. La fluidità incorporea della poesia c’e ne fa assaporare la gioia stimolando il desiderio d’afferrare il sublime nella sua inafferrabilità. La gioia del non senso è sospesa nell’arbitrarietà degli eventi, come vitalità repressa emerge quando la situazione si capovolge, quando l’utile diviene inutile e la costrizione si allenta senza recar danno alcuno. Solo allora siamo capaci di gioire e di sentire il soffio libero del riso e della felicità camuffata da spavalderia. È la gioia portata all’estremo come la gioia degli schiavi nelle loro feste saturnali.